Una TESSERA finta in meno e un'IDEA in più


E’ molto attuale la “nuova” querelle in casa PD sul tesseramento che, secondo quanto riportato da La Repubblica all’inizio di ottobre, avrebbe subito un tracollo verticale nell’anno in corso.
Tralasciando la questione specifica in sé e le relative smentite del Vice Segretario Lorenzo Guerini, nonché le strumentalizzazioni sia del quotidiano autore del presunto scoop che quelle di chi, all’interno del Partito, è alla ricerca di improbabili rivincite nei confronti di Matteo Renzi, ci sembra che l’aspetto che merita maggiore attenzione sia quello strettamente connesso al tesseramento, ovvero quale idea di partito abbiamo e vorremmo che stesse dietro al PD e al tesseramento stesso.
Prima di tutto va ricordato che il modello storico di rappresentanza e militanza partitica e politica è in profonda crisi e non da quando Renzi è il Segretario del PD: siamo passati dai vari milioni di iscritti al PCI e alla DC ai 500mila del 2012. Più in generale la partecipazione alla vita sociale del Paese passa sempre meno dai partiti organizzati. E questi sono fatti che nessuno può ignorare. Al di là di quanto enunciato nello Statuto (... il PD è un partito di iscritti ed elettori - ndr), è ancora diffusa tra molti tesserati di lungo corso, casomai ex PCI o ex DC, l’idea della preminenza e della superiorità dell’iscritto rispetto all’elettore.
Certamente il contributo che gli iscritti danno al Partito è fondamentale in termini di presidio dei territori, organizzazione e gestione di feste, iniziative pubbliche etc. Ma le idee e i programmi politici si realizzano solo vincendo le elezioni e, per vincere le elezioni, sono necessari gli elettori, i quali non possono essere considerati solo alla stregua di merce di scambio sul mercato elettorale.
Gli elettori sono portatori di idee, di aspettative e di contributi che un partito come il PD non deve fare l’errore di tenere ai margini  della propria vita politica. Da questo punto di vista lo strumento delle Primarie aperte ha rappresentato per l’Italia e l’Europa una innovazione importantissima, anche se non capiamo fino in fondo perché il ricorso a tale strumento per le scelte interne al partito sia limitato ai soli livelli nazionale e regionale.
Purtroppo esiste ancora una sinistra conservatrice che ha in mente l’aristocrazia degli iscritti contrapposta al popolo bue che serve solo in funzione elettorale; fa niente che idee e programmi debbano essere condivisi, in tutti i sensi, con la maggioranza degli elettori affinché diventino proposte vincenti ed efficaci per la risoluzione dei problemi del Paese. A questa sinistra conservatrice chiediamo: è più importante la supremazia del partito in quanto tale o quella del Paese che vede il partito come un mezzo e non un fine?
Ci sembrano allora quanto mai attuali le parole di un anno fa di Matteo Renzi:
“Nell’epoca dell’appartenenza sempre meno solida c’è bisogno di un partito diverso: non so se sarà pesante o leggero, però sarà un partito pensante”.
In altre parole, sempre citando Renzi,
meglio una tessera in meno e una idea in più.